Saggi stratigrafici nel chiostro della chiesa di Sant’Agata dei Goti a Roma

 

Cenni storici – La chiesa Sant’Agata dei Goti, è in via Mazzarino, Rione Monti, Roma, dedicata alla vergine e martire nativa di Catania, che venne portata al processo da un suo innamorato respinto, il console Quinziano, che la denunciò come cristiana, torturata, gli angeli provvidero a risanalrle le piaghe, finchè il console la fece ardere viva. L’anno dopo la sua morte, l’Etna, eruttò molta lava e minacciò la distruzione di Catania, allora i fedeli portarono il velo della martire davanti al magma infuocato e questo si arrestò. La chiesa è una delle più antiche diaconie romane risalente a tempi anteriori al V secolo, era chiamata “in capite suburae” ed anche “de Caballo”. Era ornata da splendidi mosaici tra questi “Cristo Giudice”, andati perduti durante i restauri del 1589, eseguiti da Flavio Ricimero, allora console dell’Impero d’Occidente. La chiesa è testimonianza della presenza a Roma nel V secolo della comunità dei Goti di fede ariana, infatti i Goti, impadronitisi della chiesa ne fecero un centro di propaganda dell’eresia ariana da essi professata nonché chiesa nazionale per il loro popolo, finchè Papa Gregorio Magno la riscattò restituendola al culto cattolico nel 593 ed affidandola ai benedettini. Narra la tradizione che il diavolo vi si fosse insediato sotto le forme di una prostituta, la quale, resa selvaggia dal demonio, fuggisse lanciando gemiti e lamenti dopo la benedizione, per 3 giorni la zona visse una atmosfera allucinata, fra nubi di zolfo e urla notturne. Al terzo giorno scese dal cielo una nube che profumava di gigli, rose, viole e incenso e che si posò proprio sull’altare maggiore. La chiesa fu ricostruita nel 1633 e della antica costruzione restano ancora il fianco destro, l’abside e parte del complesso interno, La facciata è di Francesco Ferrari che la eresse nel 1729. All’interno c’è un ciborio cosmatesco e nel catino c’è la “Gloria di Sant’Agata” di Paolo Gismondi del 1636, all’interno si trova la tomba di Giano Lascaris, letterato greco alla corte di Papa Leone X. La chiesa è affidata ai sacerdoti Stimmatini, monaci iralndesi, che qui hanno la casa generalizia. Fra i due corpi di fabbbrica dell’antico monastero si innalza la facciata barocca eretta nel 1635 da Domenico Castelli, è formata da un solo ordine con due coppie di paraste, resa elegante dal timpano appena aggettante e da die ariose volute laterali. Sopra il portale vi è un rilievo con l’immagine di Sant’Agata, opera settecentesca di Francesco Ferrari. Da questo portale si accede ad una doppia rampa di scale che introducono ad un quadriportico che ci comunica intera la sensazione di avere abbandonato i rumori e la confusione della città. Vi è annesso un piccolo giardino, ricco di frammenti di antiche architetture e sculture. Il quadriportico si trova ad un livello inferiore, prima di entrare c’è da ammirare un pozzo con la scritta “Semper”, un ritratto dello pseudo Seneca ed uno di Socrate, La chiesa conserva la sua struttura a 3 navate divisa da 16 antiche colonne, l’abside e il lato destro della chiesa con le piccole finestre sono quelli del periodo romanico. Nel XVI secolo crollò il catino absidale e andò cosi perso il mosaico antico, sostituito con un affresco eseguito da Paolo Gismondi nel 1636 con la raffigurazione della “Gloria di Sant’Agata”, nella navata destra c’è l’epitaffio del famoso umanista greco Giovanni Lascaris ed in fondo una settecentesca statua di Sant’Agata in legno dorato, nella cappella a lei dedicata. Molto bello è il ciborio di scuola cosmatesca. Nella navata sinistra, in fondo, in un ornato cosmatesco c’è un rilievo con scene mariane di F. Duquesnoy.

Saggi stratigrafici eseguiti sulle superfici architettoniche per lo scoprimento di finiture originali

 

Esito dei saggi stratigrafici eseguiti sui pilastri, lesene, capitelli, basamenti, trabeazioni volte, cornici, scale, balaustre, portale d’ingresso, paramenti murari (specchiature) e sottobalcone del chiostro della chiesa Sant’Agata dei Goti in via Mezzarino (Rione Monti), Roma, al fine di riproporre finiture fedeli alle originali.

 

Premessa – La campagna di indagini prevista nel chiostro della chiesa Sant’Agata dei Goti in Roma è stata finalizzata alla raccolta di informazioni e di dati utili ad una più mirata definizione conservativa delle finiture.

Gli obiettivi principali sono stati: eseguire dei saggi stratigrafici sulle superfici del complesso architettonico e per mezzo di essi constatare la presenza o meno di decorazioni e finiture di interesse storico artistico trasformate nel corso delle vicende del passato. Le indagini stratigrafiche sono state svolte allo scopo di individuare e caratterizzare gli intonaci di supporto, le finiture pittoriche definendone la stratigrafia, le tecniche esecutive e le possibili sostanze soprammesse. Inoltre verificare se in origine vi fosse una differenziazione cromatica, tra elementi stilistici quali modanature e paramenti murari e/o specchiature.
Prima di dare inizio alle indagini, si è potuto constatare da un’analisi a vista generalizzata, che le superfici architettoniche del chiostro sono attualmente tinteggiate con tre tipologie di colore a base di calce, ovvero di colore grigio i pilastri e tutti gli elementi stilistici e tipologici quali modanature, di colore rosso pompeiano i paramenti murari e/o specchiature mentre di colore bianco le volte a crociera. Gli innumerevoli interventi precedenti di manutenzione avrebbero potuto compromettere il risultato delle indagini, con le conseguenze di difficoltà nel recuperare le varie finiture cromatiche integre e non sempre separabili fra loro; considerando che si potessero trattare generalmente di aree ristrette e non di campiture di grandi dimensioni.
Per mezzo di esami stratigrafici e/o a vista in aree già scoperte dal degrado è stato possibile eseguire uno studio in maniera più dettagliata in luoghi precisi in corrispondenza degli elementi stilistici e tipologici. Nonostante le difficoltà di ritrovamento delle poche tracce cromatiche visibili è stato comunque possibile provare quale fossero le varie coloriture, e il tipo di finitura dell’intonaco messi in opera al momento della esecuzione della struttura, quindi allo stato originario.

Lo studio è stato condotto in maniera molto scrupolosa e nel seguente modo:
1. sono stati eseguiti saggi stratigrafici manualmente per mezzo di bisturi, descialbando selettivamente per quanto possibile gli strati pittorici, da quello più superficiale attualmente in vista, a quello più interno a diretto contatto con l’intonaco autentico, ossia lo strato pittorico originale.
2. Sono state scelte come suddetto le superfici ridottissime ma meglio conservate, dove era plausibile riscontrare gli strati originali e in discrete condizioni conservative.

 

Conclusioni – Vista la relazione tecnica del progetto esecutivo, dello stato conservativo e delle vicende storiche, è inoltre possibile confermare (da un’analisi a vista effettuata sulle finiture di fronti del chiostro della chiesa di Sant’Agata dei Goti), che sono stati eseguiti numerosi interventi precedenti di manutenzione. La tinteggiatura è stata rinnovata più volte integralmente e in una fase intermedia i fronti sono stati dipinti a secco, raffigurando motivi floreali all’interno di specchiature circoscritte finte cornici. Gli intonaci originari ove fatiscenti sono stati in parte ripresi, infatti è stato possibile constatare piccoli rifacimenti d’intonaco che si limitavano a risarciture di parti mancanti. Inoltre le superfici architettoniche si presentano ulteriormente lacunose (soprattutto le zone addossate al fondo stradale) causa di infiltrazioni d’acqua meteorica e/o risalita d’umidità.
Le operazioni di descialbo eseguite per la realizzazione degli esami stratigrafici hanno consentito ove permesso di verificare ulteriori condizioni conservative degli strati pittorici e degli intonaci originali. Le finiture oltre ad essere state oggetto di numerosi rimaneggiamenti, hanno subito anche notevoli alterazioni, dilavamenti, disgregazione e trasformazioni del materiale costitutivi; nonostante ciò non è risultato difficile documentarne la classificazione dei singoli strati di finitura.
1. Da gli esami stratigrafici effettuati su diverse aree degli elementi stilistici e tipologici oltre che dalle analisi a vista di superfici già in luce è stato abbastanza semplice identificare la tipologia dei materiali utilizzati e la tecnica esecutiva. Pertanto dall’esito degli esami stratigrafici risulta che gli intonaci in origine sono stati realizzati con malta composta da pozzolana grigia di varie granulometrie e calce spenta. Due sono gli strati d’intonaco sopramessi di circa 2 cm di spessore cadauno e la superficie termina con una lisciatura. Dopodiché è stata effettuata la tinteggiatura a base di calce di colore Travertino Romano per tutti gli elementi stilistici e tipologici ovvero pilastri, lesene, paraste, archi, capitelli, trabeazione, balaustre di stucco. Mentre i paramenti murari e/o specchiature e volte a crociera, sono state tinteggiate a base di calce acquerellata di colore Celeste pastello poste su base di tinteggiatura bianca a calce. Infine si è constatato che le superfici dei basamenti dei pilastri, paraste, lesene, balaustra, scala l’ingresso al chiostro e portale d’ingresso principale della chiesa, sono di materiale travertino massello originale. Mentre la balaustra del balcone al primo piano è realizzata con stucco di pozzolana e calce spenta e l’inserimento di un elemento metallico perpendicolare per ognuna delle colonnine. Il portone in legno a subito nel tempo varie sovrapposizioni di tinteggiature e cambio di colore. L’originale sicuramente è di colore celeste pastello che sposa bene con le tinteggiature originarie. Si può concludere ipotizzando che il chiostro da un punto di vista degli elementi stilistici e tipologici sia stato costruito sul modello del cortile rinascimentale, mentre le finiture dipinte a secco con motivi decorativi floreali siano piuttosto riconducibili a una tendenza del periodo barocco.
In occasione della scelta della tonalità di colore che precederanno la tinteggiatura del chiostro in fase conclusiva del restauro, sarà possibile effettuare una campagna dimostrativa di prove, con i materiali a base di calce come indicato dalla D.L. e secondo il parere della Soprintendenza di competenza. Le prove suddette saranno finalizzate alla riproposizione dei materiali di supporto e delle colori simili a quelli originali per una migliore presentazione estetica dell’intervento, come generalmente disposto per gli edifici sacri di interesse storico artistico.

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