Restauro del dipinto murale raffigurante Madonna con Bambino, S. Giovannino, S. Sebastiano e S. Rocco

 

Descrizioni e note storico-artistiche
Percorrendo viale Regina Margherita si arriva in piazza Ruggero Bonghi di fronte all’ampia scalinata della chiesa di San Giacomo. Secondo la tradizione San Domenico fondò ad Anagni un monastero, ma solo sotto papa Innocenzo IV fu costruita questa chiesa dedicandola a San Giacomo e Santa Lucia. Il complesso fu sede di una rinomata scuola di Teologia e Filosofia, presso cui insegnò anche San Tommaso d’Aquino. Nel 1770 la chiesa fu rinnovata grazie al finanziamento del cardinale spagnolo Tommaso de Boxadors, appartenente all’ordine domenicano. Nel 1873 il comune trasformò il convento il ospedale e nel 1888 su interessamento dell’allora sindaco Vincenzo Giminiani, fu ceduto al Convitto “Regina Margherita”.
Al centro della facciata settecentesca, coronata da un timpano, una porta dà accesso alla Chiesa ad una sola navata. Colpisce il pavimento cosmatesco in cui, in prossimità del presbiterio, si trova una pietra tombale, risalente del XIII secolo. Tra le numerose opere d’arte qui conservate risaltano il Tabernacolo per l’Olio Santo attribuito presumibilmente a Vassalletto, e la Croce di San Tommaso. Si tratta di una grande croce dipinta a fresco formata da una serie di lettere maiuscole apparentemente disposte in maniera disordinata. Si riconoscono tuttavia delle frasi di invocazione alla croce, che richiamano quelle composte da Venanzio Fortunato nel VI secolo.
All’interno della chiesa nell’unica cappella si trova il dipinto in oggetto. L’opera è collocata in una nicchia di forma quadrangolare ricavata su una delle pareti con intorno una cornice modanata in stucco. L’affresco risale presumibilmente alla fine della seconda metà del 500 ed eseguito quasi sicuramente da pittore Angelo Guerra tardo manierista d’Anagni. Il dipinto prima dell’attuale restauro èra composto nel seguente modo: al centro del quadro la magnifica figura della Madonna con Bambino incoronati, il San Giovannino in ginocchio con lo sguardo rivolto verso lo spettatore che porge un libro con sopra una statuina raffigurante un agnello e ai lati S. Sebastiano e S. Rocco. le immagini da un punto di vista simbolico sono molto significative: il contenuto è svelato dal cartiglio che avvolge una croce posta in basso, che porta la scritta in latino ECCE AGNUS DEI che tradotto vuol dire ECCO L’AGNELLO DI DIO, mentre San Sebastiano e San Rocco simboleggiano la Chiesa posta al di fuori delle mura della città a protezione dei martiri e degli appestati.
I colori delle figure e del paesaggio nel suo complesso appaiono di tono pastello la cui resa è caratteristica di un dipinto murale.
Una prima versione da fonti storiche riferiscono che il dipinto venne rimosso dai resti di un’altra chiesa che andò distrutta durante una presunta guerra. Le sacre immagini sopravvissute sui resti di una parete continuarono ad essere venerate per altro tempo fino a quando si decise di trasferire il dipinto murale e collocarlo all’interno della suddetta cappella. La tecnica di trasporto è riconducibile a quella dello stacco a massello. L’attuale restauro ha permesso di individuare con precisione il limite dell’affresco originario e di differenziare le varie sovrapposizioni e ridipinture eseguite nel corso del tempo.
Le attuali dimensioni dell’affresco sono determinate dalla cornice in stucco la quale non fù realizzata al momento della collocazione ma successivamente.
Una seconda versione storica è la seguente: Angelo Guerra nella “Istoria della città e S. Basilica Cattedrale di Anagni” di Alessandro De Magistris A.D 1749: Bernardino Raoli fece innalzare un muro a margine d’una sua vigna di rimpetto al Giardino dei Padri Cappuccini, per farci dipingere la SS. Vergine, e ne diete l’incombenza ad Angelo Guerra pittore Anagnino di non volgare pietà, e questi nel 1606 l’effigiò col Divino Bambino nel seno…
Per grazia da Camillo ricevuta, s’eccitò la devozione del popolo…chiamossi la Madonna della consolazione. Ben presto si pensò di edificare la chiesa a cui nel di 13 giugno 1687 nel sito poco lunghi dalla sacra icona, si gittò la prima pietra. Terminata che fù la fabbrica, segato il muro ove era la S. Immagine, nel di 24 maggio 1691 dovea farsene tiro, ma per quanto replicati fossero gli sforzi, in niun conto potè smuoverli…ma tolto che arrivò di divota processione il clero, con somma facilità fece il trasporto.
Durante il restauro si è constatato che la presenza di buchi sull’intonaco dipinto intorno al capo della Madonna e di Gesù bambino facevano intuire che in passato ci fossero delle corone affisse in metallo sbalzato, probabilmente argentate o dorate, andate perdute.
In ulteriore fase del restauro sono stati portati alla luce due angeli che incoronano la Vergine afferenti all’iconografia della Vergine delle Consolazioni.
Il rinvenimento di una scritta a matita sotto la polvere depositata nel tempo la cui frase non del tutto comprensibile resta conservata sull’aggetto della cornice in basso a destra dell’affresco e riporta che in una certa data, le corone furono rinnovate rinnovate dal Cardinale Santucci.

Stato di conservazione

 

Da una prima analisi a vista l’affresco èra in pessimo stato di conservazione. Le cause sono state attribuite alle precedenti infiltrazioni di acque meteoriche provenienti dall’esterno e dalla risalita dell’umidità derivante dalle fondamenta per via capillare attraverso il setto murario. Alcune aree della superficie dipinta risultavano molto danneggiate. La presenza di efflorescenze saline in superficie avevano trasformato in stato di de coesione e polverizzazione la pellicola pittorica e in parte alla perdita totale della stessa. Inoltre si costatavano innumerevoli distacchi dell’intonaco dipinto dal supporto murario, quindi tale fenomeno di degrado rendeva la superficie molto lesionata, procurando interferenze visive del ciclo di raffigurazioni. Poi si osservavano altri fattori come interventi precedenti di restauro, che riguardavano le stuccature di lacune risarcite in gesso applicate molto sopra livello con eccessive bordature le quali occultavano in buona parte il piano del dipinto.
La cornice modanata in stucco pur non essendo coeva alla collocazione del dipinto da un’analisi stratigrafica risultava essere stata più volte oggetto di rimaneggiamento estetico. Inoltre un telaio di legno posto sul perimetro tra la cornice in stucco e il dipinto faceva presumere che la nicchia fosse stata in passato chiusa da un’anta di legno con vetro trasparente.

 

Precedenti interventi
A seguito di prove di pulitura della superficie pittorica si è venuti a conoscenza che l’intero dipinto èra stato precedentemente rimaneggiato sulla base dell’iconografia suddetta, utilizzando uno strato successivo di pittura composta da tempera grassa con poco olio di lino, pertanto prima di procedere con la completa rimozione degli strati posticci; l’opera è stata sottoposta ad ulteriori indagini per mezzo di saggi stratigrafici eseguiti su singole aree cromatiche sottostanti per “accertare” la quantità originale esistente e se in buono stato.
Dall’esito dei saggi si evinceva che il livello originale èra stato realizzato con tecnica ad affresco, dunque si trattava di una pittura molto più antica e di maggiore pregio.

 

Consolidamento dell’intonaco dipinto
Un lungo e laborioso intervento di restauro è stato il consolidamento del dipinto murale: sono state effettuate innumerevoli iniezioni di malta idraulica composta da (LEDAN TB1) per permettere il fissaggio dei distaccamenti verificatisi tra gli strati profondi degli intonaci, tra muratura di supporto ed arriccio preparatorio, tra arriccio e intonaco di finitura dell’affresco ed entrambi.

 

Pulitura e stato di conservazione dell’affresco ritrovato
Il dipinto murale a seguito dell’approfondimento e dell’acquisizione delle informazioni relative alla quantità del dipinto sottostane, per mezzo di saggi volti a comprendere appieno la caratteristica peculiare della tecnica pittorica, è stato ipotizzato circa l’80% di affresco originale. Per quanto possibile sono state effettuate inoltre alcune verifiche diagnostiche del dipinto, di cui una mappatura grafica e fotografica e/o macrofotografia, un esame a luce radente, fluorescenza ottica con ultravioletto (U.V) ed una restituzione grafica. infine si è proceduto ad una radicale pulitura, scoprimento e abolizione della pittura posticcia, percorrendo la via del recupero dell’opera nel suo aspetto originale ad affresco, mediante bisturi chirurgico, sia mediante impacchi di cellulosa impregnata di soluzioni sature saline a pH leggermente basico (AB57), e di nuovo l’uso del bisturi. Dopodiché è emerso in tutto il suo splendore il seguente stato di conservazione dell’affresco ritrovato:
in parte le figure apparivano sufficientemente integre, pertanto le tracce restanti di pellicola pittorica permettevano di distinguere la natura dei lineamenti dei volti, dei panneggi e dei colori che caratterizzano in maniera peculiare il dipinto. inoltre una scoperta inedita è stata quella nell’area sovrastante del quadro, di cui due figure di angeli nell’atto di incoronare la Madonna con Bambino posizionata al centro della scena. Le figure di angeli avevano come sfondo un’aurora, ma le teste delle figure purtroppo risultavano mancanti, mentre più in basso al posto dello sfondo cielo ridipinto, emergeva un drappo di colore rosso che faceva da sfondo alle figure della madonna e dei due santi. Si constatava inoltre una gran quantità di vecchie stuccature di buchi e lesioni che sopravanzavano ed interferivano la piena visibilità della superficie dipinta. Infine durante la rimozione della pittura posticcia è emerso intorno a tutto il perimetro frastagliato dell’intera area affrescata, un’integrazione d’intonaco nuovo, eseguito con malta dalla di diversa composizione. Tale aggiunta faceva supporre molto probabilmente che l’affresco originale nel momento in cui fu traslocato anticamente, aveva già perduto un gran numero di frammenti. Infine si è accertato durante la pulitura, che le corone dipinte, di colore ocra gialla, erano coeve alla periodo delle pitture posticce, sia quella sul capo della Madonna sia quella del bambino Gesù le quali figure in origine avevano soltanto le aureole. In ogni modo per non smembrare troppo il dipinto si è deciso di conservare sia le corone sia le suddette aree ridipinte, relative all’intonaco perimetrale aggiunto.

 

Interventi di restauro successivi
Per poter proseguire con il completamento del restauro è stato necessario rimuovere ulteriori stuccature non idonee e praticare il consolidamento della pellicola pittorica piuttosto fragile a causa della scarsità di calce nella malta dell’affresco. Successivamente sono state eseguite le nuove stuccature delle lacune, ossia quelle di profondità con malta composta di grassello di calce e sabbia di fiume, mentre il livello finale è stato completato con un impasto a base di calce spenta e polvere di marmo. Infine l’intervento dell’opera è terminato con una restituzione estetica, la quale è ragionata secondo l’etica del restauro. la reintegrazione pittorica è stata eseguita sulle aree ricostruibili con colori ad acquarello con la tecnica del tratteggio e procedendo in modo tale da rendere sempre riconoscibile e reversibile l’intervento, mentre le parti andate completamente perdute sono state trattate sempre con acquarello con un tono di colore neutro per evitare un falso storico.

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